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associazione di promozione sociale
contributo di officina667 alla stesura dell’appello presentato dal MIS -
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Noi siciliani, approfittiamo della propizia occasione per presentarLe -
L'art. 116 della Costituzione riconosce l'ordinamento delle regioni a statuto speciale, e quello siciliano, preesistente alla Repubblica, è stato assunto a rango costituzionale con legge n° 2 del 1948. Nonostante ciò la Corte costituzionale, con sentenza n° 38 del 1957, giudicando su una fonte giuridica non già ordinaria ma ad essa stessa superiore, ha avocato a sé le funzioni dell'Alta corte per la regione siciliana. Tale eccesso di potere, nell'intaccare con la funzione giurisdizionale anche l'essenza paritetica che informa lo Statuto siciliano, ne ha subordinato le attività amministrative fino a ridurle a rituale formalità a corredo delle scelte, delle politiche, e degli interessi italiani sulla terra di Sicilia.
Nel frattempo, in violazione dell'art. 50 del trattato di pace sottoscritto a Parigi il 10 febbraio 1947, la Sicilia ha visto frustrata la sua plurisecolare vocazione alla pace, sopportando l'uso e l'abuso dell'esclusivo suo pubblico demanio per scopi militari, facendone di fatto il trampolino di lancio per le guerre che seppur pacifiche e umanitarie rimangono comunque pertinenza militare.
Tutto ciò, mettendo a repentaglio quanto solennemente asserito all'art. 5 dello statuto,
ipoteca i presupposti della solidale ricostruzione nazionale, riproponendo i termini
di una relazione fattasi chiara già dal proclama di Salemi, quindi dalla luogotenenza
vigente fino al 1862, e conclamata nel permanente stadio d'assedio ufficialmente
dichiarato nel 1862, '63, '66, '92-
Palermo, 5 settembre 2011
attività cocluse
Appello del MIS al Presidente della Repubblica Italiana
Noi Siciliani Indipendentisti, approfittiamo della propizia occasione per presentarLe – per la funzione da Ella esercitata di garante della Costituzione e di capo supremo della Magistratura –, il paradosso sofferto dal Popolo Siciliano: parte integrata all’amministrazione dello Stato italiano, non gli è permesso fruire delle guarentigie costituzionali che ne presiedono il diritto, e ne costituiscono il fondamento giuridico.
L’art. 116 della Costituzione riconosce l’ordinamento delle regioni a statuto speciale, e quello siciliano, preesistente alla Repubblica, è stato assunto a rango costituzionale con legge n° 2 del 1948. Nonostante ciò la Corte Costituzionale, con sentenza n° 38 del 1957, giudicando su una fonte giuridica non già ordinaria ma ad essa stessa superiore, ha avocato a sé le funzioni dell’Alta Corte per la regione siciliana.
Tale eccesso di potere, nell’intaccare con la funzione giurisdizionale anche l’essenza paritetica che informa lo Statuto Siciliano, ne ha subordinato le attività amministrative fino a ridurle a rituale formalità a corredo delle scelte, delle politiche, e degli interessi italiani sulla terra di Sicilia.
Gli indipendentisti non chiedono privilegi, ma il rispetto della Costituzione, ovvero il rispetto dei diritti sanciti dall’impianto statutario, vero patto armistiziale (tra la Sicilia in armi contro lo Stato italiano), di natura federativa. Per tali motivi, urge il ripristino dell’Alta Corte quale organo di tutela della “sovranità siciliana”, ossia della stessa Autonomia.
Applicando lo Statuto, la Sicilia guadagnerebbe sulle risorse proprie e non sui trasferimenti da parte dello Stato. Lo Statuto è l’unico strumento a disposizione dei Siciliani per interrompere la spirale del sottosviluppo e del colonialismo nella quale si è avvinghiati da ben 65 anni.
Attraverso un compiuto uso dell’art. 36 si potrebbe creare quella fiscalità di vantaggio che attirerebbe nuovi insediamenti e quindi nuovo gettito. L’art. 36 comporterebbe la “disapplicazione in Sicilia dei tributi erariali”, e la costruzione di un ordinamento tributario indipendente.
L’art. 37 andrebbe interpretato analogicamente ed estensivamente. Se la Sicilia avesse un ordinamento tributario separato il criterio del luogo fisico della riscossione del tributo andrebbe abbandonato a favore del criterio del luogo di maturazione del presupposto d’imposta. In pratica le transazioni tra Sicilia e Italia sarebbero a tutti gli effetti non transazioni interne bensí equivalenti alle transazioni intracomunitarie tra due paesi dell’Unione distinti.
L’applicazione dei sopracitati articoli consentirebbe la vera Autonomia Economica che si tradurrebbe in una gestione diretta di scuola, università, ricerca, previdenza, polizia, carceri… e in una maggiore ricaduta occupazionale sul territorio, che influenzerebbe positivamente anche l’economia delle regioni meridionali d’Italia.
Ebbene, benché sancito dalla Costituzione italiana, la Sicilia non ha avuto nulla delle sue prerogative statutarie… Anzi!
Nel frattempo, in violazione dell’art. 50 del trattato di pace sottoscritto a Parigi il 10 febbraio 1947, la Sicilia ha visto frustrata la sua plurisecolare vocazione alla pace, sopportando l’uso e l’abuso dell’esclusivo suo pubblico demanio per scopi militari, facendone di fatto il trampolino di lancio per le guerre che seppur pacifiche e umanitarie rimangono comunque pertinenza militare.
Tutto ciò, mettendo a repentaglio quanto solennemente asserito all’art. 5 dello Statuto,
ipoteca i presupposti della solidale ricostruzione nazionale, riproponendo i termini
di una relazione fattasi chiara già dal proclama di Salemi, quindi dalla luogotenenza
vigente fino al 1862, e conclamata nel permanente stadio d’assedio ufficialmente
dichiarato nel 1862, ‘63, ‘66, ‘92-
Prima che sia troppo tardi: Autonomia Presidente o Sicilia Indipendente. AnTuDo!
Palermo, 5 settembre 2011
MIS -